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martedì 11 maggio 2010

Big Man Japan

La prima domanda che viene in mente, quando ci si ritrova davanti ad un film del genere, è come possa Hitoshi Matsumoto aver trovato qualcuno che gli desse i soldi per realizzare questo film. Perché se già sembra strano a leggerne la trama, a vederlo è ancora peggio, un triste delirio. Ma se siete come me, la seconda domanda che vi verrà in mente è come abbiate fatto a non averlo visto finora. Se dovessi cercare necessariamente un termine di paragone per questo film, credo che lo definirei il "Watchmen giapponese".
Il film, realizzato in larga parte come un mockumentary, segue le vicende di Masaru Daisatou, ultimo discendente dei Dai Nipponjin (Big Man Japan), uomini col potere di diventare giganteschi, che usano quest' abilità per combattere i mostri che attaccano il Giappone. Ma a dispetto di quello che potrebbe sembrare, Masaru non è una celebrità. Ormai la famiglia è caduta in disgrazia, le puntate del suo programma non hanno successo e quando combatte, più che gratitudine, riceve lo scherno della gente.
Non so se era questo l' obbiettivo del regista (famoso comico in terra natia), ma vedendo Big Man Japan ho avuto l' impressione che abbia voluto fotografare la morte del sogno giapponese. Come gli eroi di Watchmen, che hanno a che fare con il dissacramento della loro figura, così Masaru è il rimasuglio di un epoca grandiosa, quando il nonno era una celebrità (e quando il Giappone nutriva ancora il sogno di gloria dell' impero). Adesso il popolo non riconosce più i propri eroi per quelli che sono, schernendoli e umiliandoli. Emblematico è il finale, che senza voler anticipare nulla, sembra rievocare i bei vecchi tempi andati, quando le cose erano più semplici e gli eroi erano all' apice. Ma, a voler ribadire come le cose siano cambiate e come sia impossibile per Masaru tornare a quella che è un' epoca passata, ci pensano i titoli di coda, da vedere assolutamente.
A coronare il tutto, ci pensano i combattimenti con i mostri, decisamente old school anche loro, e riserbanti anche momenti di comicità nonsense da non sottovalutare.

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