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domenica 25 luglio 2010

Top Ten ending degli anime

Come promesso, le ending!
Molti potrebbero considerare questa come una classifica secondaria rispetto alla precedente, ma tutt' altro. Se le opening sono il biglietto di presentazione di un anime, le ending sono la loro firma. Sono loro che coronano e chiudono il climax emotivo degli anime che vediamo, e queste sono le dieci sigle di chiusura che maggiormente hanno sortito un tale effetto su di me.

10- ERGO PROXY ("Paranoid Android", by Radiohead)


Radiohead. E ho detto tutto. Sorpendente come questa musica si sposi alla perfezione con le atmosfere dell' anime.

9- SAYONARA ZETSUBOU SENSEI ("Zessei Bijin", Ai Nonaka, Marina Inoue, Yū Kobayashi, Ryōko Shintani)


Molto semplicemente la musica si sposa perfettamente con le immagini, che hanno anche uno stile creativo invidiabile. Inoltre il video ha uno stile che sembra adattarsi perfettamente alle paranoie del professore. Bellissima!

8- BOKURANO ("Vermillion", by Chiaki Ishikawa)


In realtà mi piace per dei motivi stupidi, ossia perché la musica è malinconico e trovo per l' appunto molto malinconico che sullo sfondo scorrano tutti i protagonisti (SPOILER: specie considerando che quando inizia ad esserci questa ending, che è la seconda, la metà sarà già morta).

7- PLANETES ("Wonderful life", by Mikio Sakai)


Altro motivo stupido; trovo stupendo come la sigla segua il crescere del sogno di Hachimaki di diventare pilota di un' astronave. Come riassumere un personaggio in un minuto e mezzo di sigla!

6- ABENOBASHI ("In your heart", by Hayashibara Megumi)


Estremamente nostalgica, ma non solo per le foto d' epoca che scorrono sullo sfondo, ma anche perché è una di quelle sigle che associo ad un preciso periodo della mia vita.
Oltretutto ha un certo valore in senso lato rispetto all' anime, pur essendone apparentemente distaccato totalmente. Trovo infatti che le immagini di un Giappone ormai tramontato simbolizzino la nostalgia che i protagonisti provano del loro quartiere commerciale originale, oltre che il desiderio che essi non cambi (SPOILER: e nella fattispecie, che Sasshi non voglia la morte del nonno.

5- GANKUTSUOU - IL CONTE DI MONTECRISTO ("You won't see me coming", by Jean-Jacques Burnel)


Semplicemente godimento lisergico. Ennesima riconferma di quanti funghi allucinogeni hanno mangiato i realizzatori di questo anime. In realtà spezza molto con i toni barocchi dell' anime, ma s' innesta perfettamente alla fine degli episodi.

4- NANA ("Starless night", by Olivia)


La cosa più bella di Nana è che ogni puntata finiva sempre con qualcosa che ti stupiva, ti lasciava col fiato sospeso, col potere anche di commuoverti. E questa canzone ne era il degno coronamento. Veniva (e viene) la lacrimuccia a sentirla.

3- WELCOME TO THE N.H.K. ("Agachan Ningen", by Kenji Otsuki, Fumihiko Kitsutaka)


Definirla malata è poco. A vederla si rischia di essere colpiti dalle stesse paranoie del protagonista... geniale!

2- TENGEN TOPPA GURREN-LAGANN ("Minna no peace", by Afromania)


Purtroppo è assente sul tubo il video originale dell' ending.
Bellissima- B-E-L-L-I-S-S-I-M-A. Tutta la carica energica dei protagonisti, la vitalità del messaggio e la frenesia del tutto convogliate in una canzone.

1- WOLF'S RAIN ("Gravity", by Yoko Kanno)


Semplicissima. La canzone Non è particolarmente elaborata. Sfondo cielo a parte è sempre uguale. Eppure non ho dubbi nel dire che questa sia la sigla più bella che abbia mai chiuso un anime che abbia mai visto. Gravity è un pezzo malinconico, melodioso e "soffice" da sentire, ma non sarebbe lo stesso se non accompagnasse la corsa del lupo, che rievoca quelli dell' anime. Correre, correre, soli nel mondo, senza arrivare in nessun luogo ove possano trovare l' agognato paradiso.
Considerate inoltre che vale lo stesso discorso che feci per l' opening di Evangelion, ossia il valore affettivo e nostlgico che mi lega a questa sigla, e il capirete perché questa è la mia ending preferita di sempre.

venerdì 23 luglio 2010

Top Ten opening degli anime

Spesso la cosa che ricordiamo con più piacere degli anime che abbiamo visto sono le sigle di apertura (e qualche volta di chiusura) di questi, specie quando li si segue alla televisione (ricordo ancora quando guardavo l' Anime Night su Mtv, quando l' inizio della sigla di apertura dell' anime di turno era il secondo più bello della settimana).
Come sempre desideroso di condividere con voi le mie esperienza, mi accingo a mostrarvi la mia personale (e sudatissima, non vi dico i tagli che ho dovuto fare) lista delle 10 sigle d' apertura e chiusura che preferisco in assoluto.

10- AFRO SAMURAI ("Afro Theme", by The Rza)


"Bella, bellissima, strafic... ops, finita!"
Si, non fosse stata per la sua brevità avrebbe ottenuto una posizione più alta, ma forse non avrebbe avuto la stessa intensità che quei 30 secondi di musica sanno dare. E poi ammettiamolo, è una delle sigle più stilose mai concepite. Il gioco d' immagini, il loro concatenarsi fluidamente (esempio: il passaggio dal sangue al fumo) la rende un piacere per l' occhio, e il cupo rap di sottofondo fa il resto.

9- SAMURAI CHAMPLOO ("Battlecry", by Nujabes & Shing02)


Grande commistione di video e musica, che testimonia fin dalla sigla la commistione di Giappone feudale e hip hop che avevano in mente i creatori. Le animazioni sono grandiose, così come le scelte cromatiche e quella delle immagini da affiancare ai protagonisti sullo sfondo.

8- DETROIT METAL CITY ("Satsugai", by Detroit Metal City)


Premessa: scandaloso che su youtube non ci sia neanche un video della sigla originale dell' anime (o se c' è, non riesco a trovarlo)! Accontentatevi di una versione realizzata per il Live Action. Ovviamente il mio commento farà riferimento alla versione animata.
Forse la sigla più grintosa in assoluto mai vista. Una di quelle capaci di farti capire cosa ti devi aspettare dall' anime che stai per vedere: violenza, volgarità, e soprattutto tanta, tantissima demenzialità.
E detto tra noi, una sigla il cui testo dice cose del tipo "Ieri ho ucciso mia madre, oggi ho ucciso mio padre, domani li stuprerò entrambi" meriterebbe il podio!

7- ELFEN LIED ("Lilium", by Kayo Konishi & Yukio Kondo)


Non chiedetemi perché, ma i quadri di Klimt mi hanno sempre trasmesso un feeling "mortifero", o più semplicemente inquietante. Saranno le scelte cromatiche, lo stile raffigurativo, ma non mi riesce difficile affiancare Klimt alla parola morte. Motivo per cui trovo particolarmente azzeccata l' idea di reinterpretare i suoi quadri per fungere da sigla d' apertura di un anime dove la morte è una presenza costante e crudele.
Punta di diamante, le liriche pseudo-gregoriane, invocanti giustizia da un dio malvagio, che forse è quello che ha condannato i protagonisti al loro destino travagliato.

6- GREAT TEACHER ONIZUKA ("Driver's High", by L'arc-en-ciel)


Ma merita pure spiegazioni? Credo che nessuno all' epoca non possa non essersi innamorato di GTO già dal primo sguardo alla sigla. La canzone è stupenda, e ancor di più lo è il video, in un grandissimo bianco e nero che mostra un cazzutissimo Onizuka. "Molto piacere!"

5- ERGO PROXY ("Kiri", by Monoral)


Grandissimo brano montato su di un altrettanto grande video. Gli autori di Ergo Proxy hanno fatto delle scelte intelligentissime per la colonna sonora, e l' opening (che tra l' altro è presente solo dopo alcune puntate dall' inizio) è solo una di queste, di sicuro una delle migliori.

4- COWBOY BEBOP ("Tank!", by Seatbelts)


Questa è a dir poco storica! Una delle sigle che più lego ai ricordi dei miei anni alle medie e d' inizio liceo, oltre che una delle sigle più geniali mai concepite.

3- DEATH NOTE ("What's up, people?", by Maximum the Hormone)


La sigla più "spaccaorbite" del mondo. Centra poco con le atmosfere per lo più riflessive dell' anime, ma è incredibile quanto si sposi bene con questo. Un video che trova la sua forza in una varietà stilistica visiva mica da ridere e in una musica che dire che spacchi sarebbe un eufemismo.

2- GANKUTSUOU - IL CONTE DI MONTECRISTO ("We were lovers", by Jean-Jacques Burnel)


Il video parla più di mille parole. Dolce amara, fa venire i lacrimoni ogni volta che la sento.

1- NEON GENESIS EVANGELION ("Cruel Angel Thesis", by Neko Oikawa, Hidetoshi Sato, Toshiyuki Omori)


Death Note era semplicemente e fantasticamente tamarra. Gankutsuou era toccante come poche. Ma questa ha un valore emotivo irraggiungibile.
Ricorderò fino alla tomba la canzone e il video, e non riesco a concepire alcuna immagine di me adolescente senza comprendere me stesso seduto davanti la televisione vedendo questa sigla. Se non l' avessi mai sentita, e se quindi non avessi mai visto Evangelion, probabilmente la mia vita sarebbe stata diversa.

A presto con la classifica delle sigle di chiusura!

giovedì 22 luglio 2010

"Q", di Luther Blissett

La prima impressione che ebbi leggendo Q fu quella dell' erede spirituale de Il nome della Rosa. In fin dei conti entrambi vengono riuniti sotto il genere del romanzo storico, e a ben vedere nel condividono (e condividono tra di loro) molti degli stilemi del genere, quali l' ovvia ambientazione d' epoca, la cura nella descrizione degli ambienti del periodo e del modo di vivere e pensare delle genti.
Ma le somiglianze andavano oltre, poiché entrambi i testi condividono uno spessore filosofico mica da sottovalutare. Se le disquisizioni "echiane" sul valore della risata e il suo influsso sulla ragione e sulla fede sono ormai immortali, altrettanta fama meritano le lunghe discussioni filosofiche in Q sul valore della fede e su quale debba essere la sua origine. Q è affascinante da leggere. A patto di non essere refrattari a far funzionare la testa, avrete tra le mani alcune delle pagine più dense di riflessioni che mi siano mai capitate di leggere. Tra l' altro gli autori (Luther Blissett è lo pseudonimo dietro cui si cela un gruppo di autori italiani: caso più unico che raro in cui mi sento di provare orgoglio nazionale), ben consci di quanto ci sia sulle loro pagine, hanno avuto l' accortezza di spezzettare il libro in brevi capitoli, tanto che la lunghezza media sarà di 3 pagine ognuno. Certe volte durano una pagina, altre volte diverse, fatto sta che è perfettamente equilibrate.
Ma Q non è solo teologia (o politica, o economia...), ma è anche azione, tanto che l' intensità delle scene di combattimento è tale che molti furono spinti a paragonarlo con i romanzi di Salgari.

In fin dei conti, quella di Q è una storia che viene concepita dalle idee, ma che viene partorita nel sangue. Seguendo le vicende di un rivoluzionario senza nome vedremo gli aspetti più lerci e infami della riforma protestante, creata e tradita da Lutero, fino a giungere al periodo del Concilio di Trento. Violenza, miseria, ricchezza, coercizione e mille altri elementi costruiscono un' epopea che si dilunga per oltre 30 anni. Il tutto con un uomo che muove le fila nell' ombra. Q. Poco più di un cenno, appena una lettera, che però ha la capacità di distruggere dall' interno il movimento riformista più attivo.

A dispetto di tanta magnificenza, l' unico rammarico che provo è quello di aver impiegato molto tempo per leggerlo, causa scarso tempo libero per godermelo appieno, tanto che mi sono serviti mesi per finirlo, giungendo all' ultima pagina stanotte. Ma devo dire che ciò ha creato un certo feeling con l' opera, ponendo un parallelismo tra il mio "viaggio" compiuto in compagnia del libro e le mille traversie affrontate dal protagonista. Dall' alto di ciò, consiglio il libro a chiunque abbia occhi per leggere, meglio ancora se ha anche la mente per capire.

mercoledì 21 luglio 2010

Ga Rei Zero - Recensione

Per proteggere la popolazione dalle minacce paranormali, il Ministero della Difesa giapponese ha approntato una squadra di esorcisti specializzati nello sterminio dei demoni, l' "Ufficio per la prevenzione dei disastri Soprannaturali".
Membro di spicco del gruppo è Isayama Yomi, figlia adottiva di un grande esorcista, il quale deciderà di prendere in casa Tsuchimiya Kagura, rampolla di un' altra famiglia di esorcisti, recentemente rimasta orfana di madre.

Ga Rei Zero fa da prequel al manga, Ga Rei, ma a dispetto di ciò ritengo, dopo averlo visto, che la visione sia perfettamente fruibile anche da quanti non l' abbiano letto (come me).
Quel che rimane è una serie composta da 12 episodi, che dopo un avvio piuttosto banale già dalla fine del primo episodio rimescola le carte in tavola, per poi proiettarsi più avanti indietro nel tempo, facendo che la serie sia quasi tutta un flashback rispetto alla puntata d' apertura. E per quanto sarebbe logico aspettarsi un prodotto di poco valore, realizzato più per indirizzare il pubblico al manga, devo dire che Ga Rei Zero mi ha sorpreso piacevolmente.
I personaggi vengono approfonditi a dovere, concentrandosi ovviamente su di Kagura e Yomi; in particolar modo lo sviluppo di quest' ultima è davvero interessante.
Certo, il fatto che sia un prequel significa che certe questioni, quale per esempio l' obbiettivo di Mitogawa, rimangano aperte e inconcluse, ma la vicenda principale si sviluppa completamente e senza problemi.

Graficamente il design si scosta leggermente da quello dell' opera originale, presentando volti più affilati e se vogliamo "moderni", il che comunque non è un male. Aggiungiamo un buon comparto d' animazioni e un considerevole uso di effetti speciali durante i combattimenti, e il quadro sarà più che soddisfacente.
Nulla da segnalare sul sonoro. Oltre all' ovvio ottimo doppiaggio, nessuna musica mi è sembrata particolarmente incisiva.

Concludendo, l' anime è di buona fattura, quindi la visione è consigliabile anche a quanti non conoscessero il manga. Perfetto se non sapete come riempire un periodo di assenza di anime che v' interessino fortemente.

Voto: 7,5

martedì 20 luglio 2010

Milk

Premetto che il film mi è piaciuto. Gli interpreti sono tutti bravi, e spicca in particolar modo ovviamente Sean Peen che ci dà un Milk vivo, combattuto e combattivo.
Inoltre la regia è ottima, il film è girato benissimo e dire il contrario sarebbe alquanto stupido.
L' unico appunto che gli muovo è quello di non discostarsi molto dai film di genere, e il genere è la biografia. Sarà che le vite dei grandi personaggi si somigliano un pò tutte, ma non ho mai avuto vere sorprese, visto che grosso modo segue i punti cardine di questo tipo di vicende. La lotta per l' affermazione, le difficoltà, l' improvviso successo, la morte altrettanto improvvisa e drammatica. Ci mancano solo il fallimento e l' uso di droga e sarebbe stato il manuale del buon biografo cinematografico.
Ma al di là di questa scarsa originalità negli eventi il film è un prodotto più che valido, che merita sicuramente una visione.

Does the soul still burn?


Facendo l' altroieri una breve partita a Soul Calibur 3, ho realizzato di aver fatto un grosso errore, perché mi ha ricordato quanto un gioco possa deludere le aspettative. Ma non cadete nella mia trappola, non mi riferisco al suddetto gioco, bensì a Soul Calibur 4.
Gesù che delusione. A
dispetto di quanto posso averci giocato (una sessantina di ore in un mese), tale tempo (e anche soddisfazione, devo ammetterlo) impallidisce rispetto a ciò che mi diede il 3.
Dio, è superiore in tutto. TUTTO.
Anche graficamente, perché se sotto un punto di vista meramente tecnico il confronto non regge, in quanto a ispirazione visiva trovo che il 3 stracci il 4. Magari non tanto per i
personaggi (pur essendo decisamente più trash nel 4, molti mi sono piaciuti ugualmente), quanto per le arene. che nel 3 mi prendevano e stavo lì a guardarle per ore alla ricerca del più minimo dettaglio fin dove l' occhio si perde nell' orizzonte. Pur
non essendo brutte, nel 4 non

hanno minimamente lo stesso impatto, e anche nel migliore dei casi il paragone non sussiste (la migliore arena del 4 ritengo sia l' arena del boss finale Algol, ma paragonatela con quella di Abyss del 3, per non parlare di quella di Nightterror).
Il problema delle arene poi va a collegarsi con quello della trama. Nel 3 queste seguivano lo sviluppo delle vicende dei personaggi, avendo ognuna a che fare con una tappa precisa del loro errare nel mondo alla ricerca della spada dello spirito, ma qui non hanno il minimo senso logico di continuità. So che è un problema secondario per un gioco del genere, ma considerato lo sforzo (riuscitissimo) dei programmatori nel dare una trama che fosse più che discreta al gioco, l' amaro in bocca è terribile.

Ma ciò in cui il 4 viene disintegrato totalmente è la giocabilità. Io non sono un appassionato di picchiaduro, pur avendo giocato molto con Tekken 5 e con Soul Calibur 4. Ma mi spiegate allora come mai ho giocato, non vorrei esagerare, ben oltre le 100 ore con Soul Calibur 3? Ve lo dico io: perché è un gioco talmente vasto e vario che puoi giocarci mesi e avere ancora qualcosa da fare! Qualche accessorio per l' editor da sbloccare, una sfida in cui prendere l' oro, insomma qualcosa che ti spinga a spolpare il gioco. Dozzine di extra quali immagini, filmati e personaggi. Un editor vastissimo e piuttosto completo (delusione cocente per quello del 4, visto che l' introduzione delle statistiche nel' equipaggiamento ti obbliga a caricare il personaggio di armature per averlo performante, e comunque alcune incompatibilità tra pezzi hanno dell' assurdo. Aggiungiamoci alcune assenze terribili e avremo un' occasione sprecata, visto che la quantità di pezzi disponibili e il loro aspetto non ha molto da invidiare al predecessore).
Si sono perse persino le sfide e i bivi nella modalità storia. Sigh...
Modalità alternative? Come no. Ci sarebbe la Torre delle Anime, che è in pratica la modalità sfida e survivor messi insieme, che non è male, ma paragonata a tutto quello che c' era nel 3 (ancora piango l' assenza di una modalità Cronistorie della Spada upgradata al massimo), e tale povertà si riflette persino nelle modalità multiplayer, dove a dispetto dell' online mancano delle vere alternative al banale scontro 1:1 (su tutte l' arena col terreno scivoloso del 3. DOV' è FINITA? scivolata nello scarico?).

Punta di diamante della delusione, i controlli. Tutti sanno che il ritmo dei combattimenti è stato decisamente rallentato rispetto al 3, e molti hanno accolto bene ciò, ma per me è stata una mazzata, visto che si è persa molta della immediatezza del predecessore, in cui i combattimenti erano uno scambio di colpi al fulmicotone. Contate anche la schifezza del pad 360, che fa sentire a dir poco un' handicappato, specie paragonando la differenza di prestazioni tra una partita col 3 e una col 4, e la frittata è fatta.

Tutto questo delirio per esprimere la delusione di uno che aspettava il 4 come il messia, e che l' ha pure preso al lancio, per ritrovarsi con un pugno di mosche in mano, pur essendo un buon gioco (ma se il primo era da 9, se non di più, i 4 per me è da 7,5). Cosa voglio ora per il 5? Banalissimo, prendete il 3, dopatelo manco fosse un ciclista alla coppa del mondo, dategli un sistema di ranking decente e assumete sceneggiatori bravi che ci facciano dimenticare i trashosissimi finali del 4.

venerdì 9 luglio 2010

Tenacious D e il destino del rock

Prima considerazione:questo film è l' ennesima dimostrazione di come i gestori italiani storpino i titoli dei film senza il minimo rispetto per l' originale. In questo caso, la corretta traduzione dovrebbe essere "Tenacious D e il plettro del destino". Ma pazienza. Non ti curar di loro, ma guarda e passa.

Piccola ulteriore premessa. Tenacious D è il nome della vera band si Jack Black e Kyle Grass. Sono principalmente noti per la loro fusione della musica rock con la commedia volgare. (fonte: Wikipedia)

Ora, partendo dal titolo e dal genere della band, dovreste avere un' idea di cosa vi aspetta in questo film, ovvero molta musica e molto umorismo demenziale. Il punto sta nel vedere se la musica sia bella e l' umorismo divertente.
Per quanto mi riguarda, le musiche sono belle e l' umorismo piuttosto simpatico. Le prime: a forte componente di rock (ovviamente), e il film per certi versi è quasi un musical, e trovo che i brani siano davvero ispirati nella musica, come divertenti nei testi.
Per quanto riguarda l' umorismo, di sicuro molti lo troveranno stupido (e senza il minimo dubbio lo è) e poco divertente, ma io ho trovato che il film si lasciasse guardare con molto piacere, riservando dei picchi davvero niente male in certi punti (su tutti la scena del Sasquatch, vedere per credere).
Un film decisamente piacevole, specie per una serata in compagnia di amici.

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