domenica 30 gennaio 2011
Metroid Prime Trilogy [WII] - Recensione
giovedì 27 gennaio 2011
Donkey Kong Country Returns [WII] - Recensione
Giocare a Donkey Kong Returns vuol dire tornare con la memoria a quando da piccolo giocavo al capostipite della serie (Donkey Kong Country) sul mitico Super Nintendo. La difficoltà, il multiplayer a "tag team", la grafica sperimentale, le musiche sublimi... Una perla della generazione 16 bit. Inutile dire che il trailer d' annuncio allo scorso E3 mi fece sperare di ritrovare un gioco che avesse lo stesso feeling, pur mostrando da subito una spettacolarizzazione del gameplay (con una dose massiccia di eventi scriptati) del tutto moderna. Com' è andata? Bene, benissimo! Ma certe cose sono andate irrimediabilmente perdute.
Pariamoci subito le chiappe: Donkey Kong Country Returns è un ottimo titolo nel suo genere, un platform che qualsiasi appassionato in possesso di un Wii dovrebbe acquistare ad occhi chiusi. Siamo di fronte ad un platform puro come non se ne vedeva dai tempi di New Super Mario Bros. Wii, perciò avremo salti, nemici da schiacciare, salti, piattaforme in movimento, salti, qualche piccolissimo puzzle, salti, e ancora salti. Un plauso ai Retro Studios per aver dato al gioco una varietà di situazioni davvero encomiabile. Pur rientrando il più delle volte nei canoni del genere sono riusciti a svecchiarli notevolmente. I livelli andranno sempre da un punto A ad un punto B, ma l' esplorazione è premiata con bonus e collezionabili (che daranno accesso a diversi extra).
Nel caso assurdo che vi scocciate di scimmiottare lungo i livelli (cosa che di per sé vi porrà già davanti a molti eventi differenti), qualche alternativa, quali il barile razzo e i bentornati carrelli minerari, sapranno distrarvi a dovere. In realtà ci sarebbe anche la possibilità di cavalcare Rambi, il rinoceronte (altro ritorno dall' originale), ma già qui la prima delusione. Lasciando perdere il fatto che sono scomparsi tutti gli altri animali, lungo il gioco lo incontrerete, contando anche i livelli extra, non credo più di 5 volte, davvero troppo poche perché sia memorabile, al momento che quasi quasi sarebbe stato meglio non metterlo (un pò come Yoshi nel succitato NSMBW); oltretutto, ma sarà un' impressione mia, si è perso quel feeling di pesantezza massiccia che aveva.
I mondi di gioco riprendono temi dell' originale (quali giungla e fabbrica), anche aggiungendone di nuovi (SPOILER: ma è proprio necessario che ogni platform termini in un mondo con l' elemento fuoco?), e pur avendo un design a dir poco encomiabile, dispiace vedere che manca quel pizzico di varietà all' interno degli stessi che c' era precedentemente (per esempio, nel primo il mondo con la giungla prevedeva anche livelli in caverne e acquitrini. Mi spiace battere tanto sulla somiglianza coi predecessori, ma i Retro stessi hanno detto di voler fare quasi un remake).
Passando ai controlli, abbiamo gioie e dolori. Si salta, si corre, si afferra e si lancia, fin qui tutto bene, ma i problemi arrivano con la maledetta trinità: scuotere la terra, rotolare, soffiare. Tutte azioni affidate allo scuotimento del wiimote, la prima da fermi, la seconda in movimento, la terza da abbassati. Sarà un bel problema a inizio gioco, ma si ripresenterà anche andando avanti, che perché il personaggio non sia nella posizione corretta faccia un' altra azione piuttosto che quella voluta. In particolare ho notato una cosa davvero fastidiosa: premendo la freccia verso il basso il personaggio certe volte non rest abbassato, ma si alza e si riabbassa velocemente, e solo ora resta giù. Inutile dire che se scuotete il mote mentre pensando che sia giù quando è nel frangente in cui si rialza il personaggio potrebbe rotolare, magari verso un precipizio. Ed è capitato più volte che questo problema mi fregasse. Come se il gioco non fosse già difficile di suo.*
Si, ci troviamo ad un gioco davvero difficile, a tratti anche frustrante. La precisione richiesta in certi salti è maniacale, e in certi momenti dovrete fare slalom assurdi evitando ostacoli. Come ho detto sopra, però, nulla che chi voglia una sfida non possa accettare. Quando il gioco diventa però indisponente è durante il multyplayer, vero buco nell' acqua del gioco.
Partiamo da questo presupposto: Diddy Kong non sarà giocabile in single player; se nell' originale potevate scegliere tra la bruta stazza di Donkey e l' agilità di Diddy (che diciamocelo, preferivamo spesso), qui potrete usare unicamente il gorillone. Diddy è ridotto nel single player ad un upgrade, che, montando sulle spalle di Donkey, lo fornirà di due cuori di vita extra e dei suoi jetpack, che renderanno molto più facili i salti. Questi elementi rendono il gioco in modalità unico giocatore molto più abbordabile che in multi, dove un primate andrà ad ogni giocatore. In questo caso preparatevi di pazienza, perché il contatore delle vite (unico per entrambi i giocatori) scorrerà come acqua in un fiume, specie in caso di grossa disparità d' abilità tra i giocatori, poiché mentre uno muore in continuazione lungo il livello, succhiando vite, basta che quello più abile muoia poche volte che magari arriverà il game over (e quindi dover riaffrontare il livello dall' inizio). Ma il vero problema è come l' esperienza di (si, lo nomino ancora) NSMBW non sembra aver fatto scuola. Dimenticatevi la meccanica dell' aiuta-ostacola di questo titolo, qui i personaggi non interagiscono tra loro, anzi, spesso finirete per darvi fastidio senza volerlo, con piattaforme che cadono o si spostano al tocco di un solo personaggio, facendo cadere l' altro che cerca d' arrivarci. Effettivamente a vedere come sono impostati i livelli sembra che il gioco sia stato pensato proprio per il giocatore singolo (come dimostra soprattutto che quando si piloti un veicolo entrambi i giocatori ne abbiano il controllo contemporaneo, scelta a dir poco folle, che costringe un giocatore a dover aspettare il proprio turno per giocare. Accadeva anche nell' originale, ma lì tutto il gioco era impostato sul darsi il cambio). Insomma, personalmente sconsiglio l' esperienza in multi (ve lo dice uno che lo comprò soprattutto per questo), specie al primo giro, che potrebbe riservarvi carrellate di frustrazioni. Da soli credo che se lo si goda molto meglio.
Il profilo tecnico è encomiabile. La palette di colori è vivace, così come il design, puccioso ma accattivante (unico rammarico, ancora, è il confronto con l' originale, che vantava un aspetto molto più cupo e attraente). Ciliegina sulla torta sono i livelli in cui la sagoma di Donkey e Diddy si confonde con quella del terreno, raggiungendo in certe sezioni livelli bicromatici. Davvero bellissimi, come stile saranno senza dubbio i miei livelli preferiti di quest' anno, tanto che quasi quasi avrei preferito che il gioco fosse tutto così, o che si fosse puntato su di una mise grafica più estrema. Sul fronte del sonoro nulla da dire, l' isola di Donkey Kong è piena di vita e lo dimostra un comparto di musiche (arrangiamenti di brani classici e nuovi di zecca) e di effetti validissimo.
Certo, dopo tante critiche, pare che il gioco lo voglia stroncare. E invece no, perché lo ribadisco, Donkey Kong Country Returns è un ottimo gioco, nel suo genere anche un capolavoro, che fa rimpiangere l' aver perso il feeling dell' originale e la mancanza di un multiplayer che osasse fare più del suo minimo dovere, ma lo raccomando a tutti per una sana immersione tropicale.
Grafica: 8,5
Sonoro:9
Giocabilità:8,5
Longevità:8
Voto: 8
martedì 25 gennaio 2011
Il Professor Layton e il Futuro Perduto [NDS] - Recensione
New Police Story
Cercando di riempire una serata di noia ieri i miei occhi sono caduti su di questo action poliziesco di matrice cinese, come testimonia Jackie Chan protagonista (oltre che produttore).
E il risultato è stato una piccola sorpresa. Lungi dall' essere un capolavoro, New Police Story fa il suo dovere bene. In particolare mi ha sorpreso vedere Jackie in un ruolo più drammatico del solito, dopo che molte sua apparizioni degli anni più recenti sembrano averlo rilegato a ruoli da commediola.
Scene d' azione molto concitate, una storia nella media (ma sviluppata bene), buoni interpreti, e un' ottima regia, a tratti anche sperimentale. Per una serata spensierata è più che perfetto.
domenica 23 gennaio 2011
Qualunquemente
Se dovessi riassumere Qualunquemente in una parola lo definirei "divertente", a parlando di una commedia direi che è una cosa buona, no?
La trasposizione cinematografica di Cetto La Qualunque si può considerare riuscita. Prodotti del genere devono reggersi quasi per intero sulle spalle del personaggio principale, e il personaggio di Albanese ha abbastanza carte dalla sua per farlo. Certo, specie in questo periodo è impossibile non pensare che sia un' estremizzazione di Silvio Berlusconi, specie la sua passione per il "pilu", ma per quanto provvidenziale possa essere la sua uscita in questo periodo, ricordiamoci che è un personaggio vecchio di anni, quindi la sua personalità non si può dire essere nata dal voler sfruttare l' onda degli scandali politici (questo semmai è avvenuto nel lanciarlo ora).
La cafonaggine incontrollata di Cetto rende i toni del film piuttosto esagerati, tanto che certe volte pare sfiorare la commedia nera. Per avere un' idea su se il film vi piacerà o no, basta che cerchiate qualche sketch su Youtube, lo spirito è più o meno quello. Cazzu cazzu, iu iu!
giovedì 20 gennaio 2011
Four Lions
Per quanto non discuta le doti comiche di Zalone, lasciatemi dire che come satirista ne ha di strada da fare. Per carità, molto divertenti le frecciatine sull' Italia contenute in Che bella giornata, ma credo che sia stata sopravvalutata da certa critica il suo sguardo alla questione terrorismo. Certo, forse non era il primario obiettivo (pur essendo il motore di tutta la trama), ma poi ti ritrovi davanti film come Four Lions e pensi che in Italia film che trattino questi argomenti così senza peli è difficile che ne avremo mai, almeno distribuiti sui grandi canali.
Il fatto sorprendente è che sembra di ritrovarsi davanti ad un altro film di South Park. L' ironia, la satira, la commedia contenuti, persino i personaggi (Barry è Cartman cazzo!) fanno ripensare più volte a quello che è il format della serie. E son momenti di vero godimento.
E il bello è che non ne risparmia per nessuno, e lo ripeto, qui un film del genere ce lo sogniamo, perché per paura di offendere la Chiesa, lo Stato, le Istituzioni, o semplicemente offendere la gente non se ne farebbe nulla. Consigliatissimo a chiunque, specie a chi si prende troppo sul serio, così gli viene un attacco di bile.
mercoledì 19 gennaio 2011
The Road
Certi film nascono sotto una cattiva stella. Non importa quanto tu ti possa impegnare, se è decretato che tu debba fallire fallirai. È successo recentemente a Scott Pilgrim VS The World, accadde nel 2009 con The Road.
Di certo non è un film per tutti. Pur essendo fondamentalmente una storia del rapporto padre - figlio, il contesto post apocalittico (grigio, desolato, e molto crudo) potrebbe rappresentare un limite per una certa fascia di spettatori più sensibili, ma sarebbe un peccato privarsi della visione di un film passato decisamente in sordina, quando avrebbe meritato più di un' attenzione.
Inutile dirlo, in un film in cui si vede praticamente solo lui (e suo figlio), a dare molto peso nel giudizio finale è l' interpretazione di Viggo Mortensen, che dimostra di essere un attore d' indubbia bravura, tanto che farebbe piacerlo vedere più spesso. Certo il merito dell' intensità della visione va anche a tutti gli altri interpreti, come il figlio, delineato in maniera molto delicata, o la moglie (Charlize Theron), per non parlare dei vari personaggi che si alterneranno sullo sfondo, che daranno vita a scene che riescono davvero a colpire.
Se c' è un difetto che gli si deve per forza imputare è il finale, piuttosto campato per aria (ma in fin dei conti questa sospensione è in linea con la costante atmosfera di precarietà che accompagna la visione).
Consiglio a tutti di recuperare questa piccola perla, ingiustamente scordata prima ancora di uscire.
martedì 18 gennaio 2011
"Terroni", di Pino Aprile
Ce ne sono di cose da dire su questo libro, come ce ne sono di cose da dire, che avrebbero dovuto essere dette e che forse non verranno mai dette sul suo argomento, ossia i lati oscuri del Risorgimento italiano e come molte malefatte risalenti all' epoca non siano che i semi della crisi del Mezzogiorno tutt' oggi imperante.
Se c' è una cosa che non si può dire ad Aprile è che non sappia infervorare lo spirito revanscista meridionale, per dirla forbita. Più terra terra, sa come farci incazzare. E questo, se è un pregio in quanto stimola alla lettura (anche se certe volte si rischia un attacco di bile se ci si lascia coinvolgere), dall' altro è specchio della fondamentale ingenuità dell' opera, che in realtà, oltre a dare una spolverata di fatti, non fa molto.
Di certo il testo è considerabile un buon apripista a chi fosse digiuno dell' argomento ad un mondo tanto oscuro quanto importante per la storia del nostro paese. Che il Risorgimento non sia stato esattamente la gloriosa spedizione che la cultura storica nazionale c' insegna è una cosa che chi ha un pò di cultura e d' intelligenza sa; più ambiguo e in quale misura la vera natura di questo fenomeno sia conosciuta. Tra saccheggi, eccidi, deportazioni, immiserimento economico nella sua più vasta accezione, ce n' è per tutti i gusti. E l' autore ne ripercorre le tappe tramite alcune questioni cardinali, quali le stragi perpetuate dai Mille (più vari alleati) in corso d' opera, la distruzione dell' economia meridionale, ecc...
Senza nulla togliere a quella che non fatico credere essere stata una vera e propria schifezza oggi taciuta, temo che Aprile, preso da un entusiasmo sincero (e anche giusto) nei confronti della sua amata terra natia, abbia ridotto tutta la questione a "Lombardia tiranna, Sud vittima". In particolare, a convincermi poco è stata la descrizione di un Regno delle Due Sicilie a dir poco idilliaco, che tra "monarca illuminati" ed economia fiorente fa sembrare assurdo che sia caduto così facilmente, specie quando Aprile non fa altro che riportare quanto il popolo fosse fedele fino alla morte ai sovrani (?!) e come molti ufficiali borbonici fossero dei geni strategici vittoriosi. Qualcosa non quadra. Purtroppo non sono abbastanza informato sull' argomento per poterlo approfondire, ma basti dire che la ricostruzione di Aprile sembra lacunosa e, quasi mi imbarazzo a scriverlo, di parte.
Ma la cosa strana è che il tutto sembra un pò campato in aria, pur essendo sostanzialmente in sunto da molti testi citati lungo il libro (e pare strana l' assenza di una bibliografia alla fine, considerando che siamo di fronte ad un vero e proprio saggio), visto che, oltre a far incazzare la gente, non sembra proporre nulla di concreto.
Aprile è sempre lì a punzecchiare il lettore (si suppone meridionale) con osservazioni del tipo "Mi chiedo ancora perché i meridionali non s' incazzino" , ma al di là di questo non pare fare molto. E infatti devo ammettere di aver trovato la lettura noiosa sul lungo andare. Superato l' entusiasmo iniziale, la struttura ripetitiva del racconto di Aprile ha smorzato di molto l' interesse nella lettura, visto e considerando che tutto sommato ritrovarmi all' ennesimo elenco di cattiverie del nord (solo cambiando punto di focalizzazione) aveva un pò scocciato.
Per quanto il quadro generale possa apparire poco entusiasmante, non sconsiglio in toto la lettura. Come ho detto pocanzi, di sicuro il libro può essere un buon modo per svezzarsi all' argomento, anche se alcuni potrebbero trovarlo più utile per rintracciare i molti testi citati, forse meno sferzanti, ma magari più ricchi d' informazioni.
venerdì 14 gennaio 2011
Black ★ Rock Shooter - Recensione
giovedì 13 gennaio 2011
High School of the Dead - Recensione
mercoledì 12 gennaio 2011
Che bella giornata
Un piacevole miglioramento da Cado dalle nubi. Meno battute fini a sé stesse, anzi, l' ispirazione generale è sicuramente maggiore.
Certo, viste le premesse e il successo mi aspettavo un film roboante, e purtroppo le mie aspettative sono state un pò deluse: si tratta "semplicemente" della commedia italiana più divertente da diverso tempo a questa parte. Ma questa parziale delusione deriva in parte dal genio che ha montato il trailer, ove sono state raccolte molte delle battute migliori.
Fa piacere vedere che Checco non si ricicli più di tanto. Il personaggio qui presentato è piuttosto diverso da quello del precedente film, meno ignorantone, forse più diversamente cafone, ma comunque un pò diverso.
Si è parlato tanto della critica sociale contenuta nel film. Diciamo che questo è un fattore a mio avviso un pò sopravvalutato. Si parla (tanto) di terrorismo, (poco) di precarietà, ma tutto sommato le ho trovate più che altro delle simpatiche frecciatine piuttosto innocue, ma direi che è il meglio che ci si possa aspettare da un comico non strettamente satirico.
martedì 11 gennaio 2011
Kuuchuu Buranko - Recensione
Ichiro Irabu è lo psichiatra del suo ospedale. Manco fosse Freud, seguiremo la sua cura di vari pazienti che si sottopongono ai suoi servizi, decisamente poco ortodossi.
Infantile, egocentrico, feticista delle iniezioni, con seri disturbi della personalità, tanto che non è raro che si triplichi (letteralmente). E' un uomo che pur indossando una maschera (d' orso) vive spontaneamente, e fondamentalmente è quello che suggerisce a tutti i suoi pazienti, di vivere superando le maschere che si autoimpongono a mò di difesa, di superare le barriere ansiogene che si creano. L' animalizzazione dei pazienti è esternazione di quei sintomi che ne limitano la vita, e quindi ne fanno men che uomini. Ma lui è solo il medico. Ti indica la via, magari ti ci spinge dentro, ti fa lo sgambetto, ma devi essere tu a camminare.
Il rischio con un impostazione del genere è che la serie risulti noiosa. Deve sempre darti stimoli, o annoia. Per nostra fortuna Kuuchuu Buranko sa intrattenere, merito la costante atmosfera giocosa del tutto e i personaggi presentati, che ne fosse capitato uno che non accattivi! Tutti e gli undici i pazienti sono delineati ottimamente, e per quanto le loro vicende si aprano e si chiudano nel corso di una puntata lo spettatore è coinvolto nella loro vicenda.
Certo, la natura episodica, e quindi la mancanza di un filo conduttore narrativo, rende la visione piuttosto "fine a sé stessa", considerando che, se non per qualche collegamento secondario, (quasi) ogni puntata è una storia a sé. Poco male, comunque, visto che la noia non fa mai capolino, anzi, qualche risata ci scappa. Ciliegina sulla torta le apparizioni estemporanee di Fukkuichi, che infarciscono le puntate di nozioni mediche.
Purtroppo la mancanza di un grosso budget sembra trasparire da molti elementi, quali la brevità (11 episodi) e il riciclo (comunque non assurdo) di scene. Dettagli comunque che non inficiano più di tanto i meriti della serie, che si ravvisano anche e soprattutto sul piano visivo, che è quello che colpisce per primo. Non perderò tempo a descrivere la follia cromatica di tutto, vedrete e capirete. Spendo solo due parole sull' utilizzo di attori in carne e ossa in molte animazioni: geniale!
Le musiche presentano motivetti accattivanti. Da premiare l' opening, l' ending, e l' uso occasionale di brani classici (in una scena l' uso della lirica la rende esilarante).
Forza e coraggio, dunque, non fatevi scoraggiare dalla sua stranezza. Vedetene una, magari due puntate, se vi piaceranno allora tutta la serie farà per voi, nel caso contrario mi spiace per avervi fatto perdere tempo, forse necessitate di un' iniezione di vitamine.
Voto: 8,5
lunedì 10 gennaio 2011
Iron Man - Recensione
domenica 9 gennaio 2011
Cado dalle nubi
Quando si dice un film "personaggiocentrico", ossia ruotante in tutto e per tutto sull' estro dell' attore protagonista. Nel caso specifico, Checco Zalone e il suo character cafone e ignorante, che qualcuno troverà simpatico, qualcuno odioso. Fatto sta che la sua interpretazione è talmente innocente che, pur sfociando certe volte nell' esaltazione della cafonaggine, sa accattivare la simpatia.
Ma riesce a reggere un intero film? Ni.
Tutte (o quasi) le battute ovviamente spettano a lui, e non tutte sono propriamente ispiratissime. Più che altro certe volte è come assistere ad uno sketch di Zelig, in cui fa la battuta e zak, il pubblico ride (emblematica la scena col gruppo di sostegno. Ridono? Ma nella realtà l' avrebbero preso a pedate nel culo! Tra l' altro, parentesi curiosa: per essere un gruppo di giovani che parlano di problemi familiari, è sorprendente come l' età media a giudicare dalle facce sia molto superiore ai trent' anni).
Certo, gli acuti ci sono, come il padre di famiglia leghista e le canzoni, e in generale il film è una piacevole visione.
venerdì 7 gennaio 2011
Disney's A Christmas Carol
mercoledì 5 gennaio 2011
Harry Potter e i doni della morte - Parte 1
lunedì 3 gennaio 2011
Top Ten Anime 2010
E come tutti, anche Kenji Koiso, liceale con un uno spiccato acume per la matematica, ha un account in OZ, e ci lavora, per di più. Ma quando gli viene offerto di accompagnare la senpai Natsuki Shinohara in viaggio non ci pensa due volte. Arrivata nella sua casa di famiglia, avrà a che fare con i suoi esuberanti familiari, e l' estate sarà più calda che mai.
Un giorno, però, si sente attratto irresistibilmente da un' antica casa, dove viene accolto da Yuuko, sensitiva che accetta di liberarlo dal suo "dono" in cambio della sua servitù. Così Watanuki si ritrova a lavorare come governante nel suo negozio, specializzato nell' esaudire i desideri delle persone.