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lunedì 31 maggio 2010

La principessa e il ranocchio

Non ho mai nascosto la mia avversione per la Disney, per i più disparati motivi. Ma non posso comunque negare quanto sia legato a molti dei suoi classici d' animazione, che a dispetto di tutto mi hanno accompagnato per tutta la mia infanzia. Quindi, capitatami ieri l' occasione di vedere La principessa e il ranocchio, ho deciso di dargli una possibilità, specie per il fatto che rappresenta un ritorno della Disney all' animazione tradizionale, scelta che apprezzo molto più dell' ennesimo scialbo 3D, nonostante un tratto dei personaggi, in questo film, in molti casi abbastanza (troppo?) classico. Questa recensione, ancor più che del film in sé, parlerà di come credo si sia ormai evoluto il mio rapporto con questo genere di produzioni.
Comincio col dire che evidentemente ho perso l' abitudine a vedere cartoni dove i personaggi cantano, visto che ho trovato per lo più noiose le scene di canto, spezzanti troppo il ritmo. So che sono una parte fondamentale di una certa animazione classica, per cui potrebbe sembrare un pò ipocrita che prima mi lamenti di come il nuovo corso faccia pena, e poi lamentarmi ancora quando mi danno qualcosa di simile a prima. Però, da quest' esperienza credo di aver imparato come ormai non sia più legato molto a questo genere di animazioni, più indirizzato ad un pubblico infantile di quanto non lo sia l' animazione con cui ho a che fare ormai.
La trama e il suo sviluppo, sono molto classici, con i soliti momenti topici che scandiscono il film Disney medio; per dirne uno, l' immancabile pioggia per il momento di maggior tristezza (che però rappresenta un' aggiunta interessante per i cartoni Disney, visto che non mi pare che mai in un suo lungometraggio, se escludiamo Bambi, dove comunque la cosa era più accennata, è mai stato presente questo elemento. E non parlo del sesso. Fate due più due e dovreste intuire a cosa mi sto riferendo).
Pro o contro, questa classicità? Forse un pro, personalmente un mezzo contro, visto che riserva ben poche sorprese. Tale classicismo si trasferisce nei personaggi, nessuno davvero innovativo e particolarmente accattivante, secondo me, tranne forse uno o due. Comunque, a rubare la scena in tal senso, secondo me, è il Dr. Facilier, villain dal concept davvero interessante, e una caratterizzazione più che valida, tanto che credo sia uno dei migliori cattivi Disney che abbiano mai calcato le scene.
In definitiva, il film si lascia guardare, tecnicamente è ottimo, e di sicuro ad un certo pubblico piacerà da impazzire. Ma credo che un altro pubblico, che come me sguazza in anime e produzioni di ben altro calibro narrativo e contenutistico, lo troverà fin troppo classico. E datemi Miyazaki, per favore!

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