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venerdì 27 luglio 2012

Shadows Of The Damned [360] - Recensione


Quello di cacciatore di demoni è uno dei mestieri più diffusi da molti anni a questa parte. Film, fumetti, e chiaramente videogiochi, ci hanno mostrato una serie più o meno infinita di personaggi carismatici che prendono più o meno seriamente quest' ingrato lavoro.
In ambito videoludico il mattatore per eccellenza in tal senso è Dante (Devil May Cry), che, oltre ad aver diffuso la cosa a livello planetario, ne rappresenta anche l' esempio per eccellenza.

Alla sterminata lista di questi personaggi si è aggiunto di recente Garcia Hotspur, un messicano col vizio dell' alcol, il tatuaggio tamarro e la lingua pungente che si presenta come un individuo piuttosto normale rispetto agli standard del genere, non presentando lui personalmente alcun potere sovrannaturale.
A compensare questa carenza ci pensa Johnson, un demone rinnegato che ha abbandonato la sua fazione d' origine, che aiuta Garcia nei suoi stermini trasformandosi in tutta una serie di armi letali verso i suoi compatrioti, oltre che in una torcia, utile per illuminare gli ambienti e per dare una bella mazzata in bocca a un demone che si avvicini troppo.

Tutto procede "normalmente", quando la quotidianità di Garcia viene interrotta dal rapimento di Paula, la sua ragazza, da parte di Fleming, il boss di tutti i demoni, che stanco dei massacri perpetrati verso i suoi decide di rendergli la pariglia uccidendo e trascinando all' inferno la poveraccia. Garcia, senza pensarci due volte, si getta all' inseguimento, affrontando tutti gli orrori offerti dagli inferi, col solo scopo di salvare Paula.

Purtroppo, per quanto ovviamente non sia la narrazione, quello che sento mancare al gioco è un minimo d' introduzione ai personaggi. Il gioco ti butta subito dentro l' azione, senza che ci sia un filmato che dia un vero background a questi. La cosa è parzialmente risolta tramite i (divertenti) dialoghi in game tra Garcia E Johnson, ma alcuni punti rimangono non toccati, su tutti come si sia potuta creare una coppia del genere (decisamente simpatica, comunque). Ma andiamo al succo.

Fin da subito Shadows Of The Damned ha attirato l' attenzione per i nomi di un certo calibro coinvolti.
Innanzitutto Suda51, game designer e guru del videogioco in forza a Grasshopper Manufacture (che ne ha curato lo sviluppo), che ha collaborato con Shinji Mikami (che ha praticamente creato Resident Evil). E a curare il comparto sonoro abbiamo Akira Yamaoka, compositore storico della serie Silent Hill. Tutti gli ingredienti per quello che sarebbe potuto essere l' action horror definitivo. Sarebbe, appunto. Ma andiamo con ordine.


SOTD si presenta come una sorta di Resident Evil 4 in salsa demoniaca (e dallo spirito decisamente più arcade), cosa che si traduce in livelli lineari (linearissimi!) zeppi di nemici da tritare in allegria. Tutto ciò sarà fatto sfruttande le varie possibilità messe a disposizione del protagonista, quali la suddetta torcia per il corpo a corpo, le trasformazioni si Johnson (saranno 3, non vi spoilero nulla), e anche delle istant kills effettuabili su nemici storditi da un colpo di luce (più o meno l' equivalente di un flashbang).

Tali colpi di luce saranno a dir poco fondamentali per quella che è la vera chiave di volta del gioco, ossia la contrapposizione tra luce e oscurità. Certi ambienti di gioco saranno avvolti da un' oscurità talmente densa da danneggiare Garcia, e l' unico modo per dissiparla è colpire con uno di questi colpi di luce uno dei lampadari presenti nell' area. A rendere più difficile la situazione ci pensano i nemici, che se immersi in quest' oscurità risultano indistruttibili, e anche dopo averla dissipata continueranno ad esserne ricoperti. Quindi per poterli ammazzare tranquillamente dovrete prima "ripulirli" colpendoli a loro volta con uno di questi colpi.
Questa meccanica dell' oscurità si rivela fondamentale anche per lo svolgimento di certi enigmi, che vi obbligheranno ad usare un attimo meno i riflessi e di più le cervella.

Altro elemento di ereditato da RE4 è il mercante, che sarà LETTERALMENTE affamato delle gemme bianche che raccimolerete.


I nemici sono un altro ostacolo da non sottovalutare. Le tipologie non sono tantissime, ma tutti caricano come delle bestie e sono sempre numerosi, cosa che potrà mettervi in difficoltà. La varietà di questi è soddisfacente, tra corazzati, giganti, e quant' altro, ognuno richiedente una strategia apposita.
Come avrete capito, il gioco, per quanto semplice e lineare nella struttura, si presenta piuttosto vario nelle situazioni che offre (si vede l' ispirazione dietro RE4). Tra puzzle, sezioni simili ad uno shooter 2D, fughe, camminate al buio, il gioco presenta un' inventiva decisamente poco diffusa a molti esponenti del genere di questa generazione. Quello che però impedisce a SOTD di fare il botto è quel picco particolare che gli permetta di diventare un capolavoro imprescindibile per chiunque.

Questo, unito ad una longevità dell' avventura principale non male (una decina di ore) penalizzata però da una scarsa rigiocabilità lo rende un titolo non consigliabile a tutti. La rigiocabilità in particolare è un problema, in quanto già al primo giro potreste essere in grado di ottenere praticamente tutti gli obiettivi, e non ci sono extra di sorta sbloccabili, cosa che avrebbe aiutato molto.
Un altro problemino del gioco sono i controlli. Non sono mappati perfettamente (mi è capitato diverse volte di usare erroneamente un alcolico, l' equivalente dei medikit nel gioco), e il controllo del personaggio, anche quando lo padroneggerete perfettamente, lascia sempre una certa sensazione di legnosità dei movimenti.

Allo stesso tempo però non si può non raccomandare almeno un giro con questo gioco. A parte che la difficoltà è davvero ben bilanciata, senza alcun momento veramente frustrante (a difficoltà media si muore ogni tanto, ma non mi sono mai bloccato), rendendolo all' atto pratico piuttosto accessibile, il gioco, pur non esente di difetti, incarna perfettamente quella che è la filosofia di Suda51: i videogiochi sono fatti per essere divertenti, innanzitutto. Questo, unito al fatto che trasudi stile da ogni inquadratura (peccato che la grafica sia realizzata dai problemi storici dell' Unreal Engine 3, su tutti il tardivo caricamento delle texture) e nota musicale, rendono Shadow Of The Damned una piccola perla cult, praticamente il gioco che farebbe Rodriguez se fosse un game designer.

Grafica: 8
Sonoro: 9,5
Giocabilità: 8,5
Longevità: 7

Voto: 8



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