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sabato 18 dicembre 2010

"Ristorante al termine dell' universo"; di Douglas Adams

Seconda parte delle avventure dello sfigato Arthur & co. in giro per l' universo, cercando ancora quale possa esserne il significato (o meglio, la domanda al suo significato) senza forse esserne interessati troppo. In fin dei conti, che senso può avere un universo in cui bovini t' invitano a scegliere quale parte di loro preferiresti mangiare per poi andare ad uccidersi e lasciarsi cucinare?
Douglas si riconferma grande autore di quella che potrei definire "fantascienza dell' assurdo", con intrecci sempre più intricati e assurdi e osservazioni sulla vita in questo pazzo universo che toccano vette di genialità rare.
Imprescindibile la lettura del prequel per comprendere appieno i riferimenti e, ovviamente, seguire lo sviluppo della vicenda, ma molte cose sono talmente gustose che possono essere capite e gustate anche prese a sé, basta lasciarsi trasportare dal loro non sense ben poco velato, anzi, del tutto scostumato.

venerdì 10 dicembre 2010

Lawrence d' Arabia

Vincitore di svariati oscar tra cui miglior film del 1962, Lawrence d' Arabia narra le vicende di Thomas Edward Lawrence, ufficiale americano passato alla storia come uno dei leader della rivoluzione araba del primo dopoguerra.
Il film ne segue le gesta, romanzandole, da quando Lawrence arriva in Arabia fino alla sua partenza dal paese, vittorioso ma sconfitto allo stesso tempo.
Passato alla storia come uno dei film più epici mai realizzato, lo è effettivamente in tutto: nelle sterminate scenografie desertiche, nelle scene di massa, nelle battaglie, e pur essendo stato scavalcato in termini puramente quantitativi da kolossal più recenti come Il Signore degli Anelli, il film trasmette anche allo spettatore moderno questa sensazione di grandezza ricercata. Ma dove il film trionfa realmente è nella delineazione del personaggio di Lawrence, detto El Orens, e della sua passione per l' Arabia, che t' inghiotte nei suoi deserti selvaggi e spietatamente belli.
Menzione d' onore anche a Omar Sharif, davvero un grande personaggio di supporto.

sabato 4 dicembre 2010

La corazzata Potemkin

Doveroso cominciare con questo esempio di fine critica cinematografica. Insomma, la Corazzata Potemkin è un film che noi italiani, grazie a Fantozzi, abbiamo nel sangue, pur non avendolo visto quasi nessuno suppongo, specie grazie a questa (geniale) scena. Ma si dà il caso che avendo diverse ore da riempire e molti film vecchi sotto mano decisi di fare il passo e valutare di persona la cagata pazzesca, e devo dire che proprio cagata non è.
Certo, premetto subito che alcune scelte stilistiche, in particolare alcune inquadrature totalmente senza senso che rallentano inutilmente il ritmo (anche se siamo lontani dai 6 tempi o 12 bobine che erano citate dal sempre mitico Fantozzi, ci aggiriamo sull' ottantina di minuti).
Film del genere, dopo tutto, vanno filtrati sotto quello che è il loro valore storico e culturale, e di certo la Corazzata ne ha molto, presentandosi a tutti gli effetti come un manifesto comunista sincero e spassionato (anche se ancor più che il comunismo promuove la pace tra i popoli). Quindi, se siete di una certa ideologia politica, forse a fare i pignoli avrete di che lamentarvi sotto questo punto di vista, ma in fin dei conti, per quello che era il periodo e le inclinazioni del regista sono tutte cose evidenti.
In senso più strettamente filmico l' ora e mezza di visione è passata piacevolmente, specie in un paio di momenti di pura comicità (più o meno involuta), che mi hanno fatto ridere di gusto.

"Le affinità elettive"; di Johann Wolfgang Goethe

Non il miglior libro di Goethe che abbia letto, lo dico subito. Ma penso che il problema principale sia che il libro sia invecchiato male, o per meglio dire, dubito si adatti bene al gusto del lettore moderno. Ovviamente è solo la mia opinione, ma trovo che il gusto per il patetico che si trovi qui sfoci agli occhi di chi lo legge oggi nel ridicolo certe volte.
Sostanzialmente, immaginate la classica storia di tradimenti, innamoramenti e così via (riassumibili nel francesismo "buttanismi"), in cui però tutti i protagonisti hanno una sensibilità pari a quella di Werther. Seghe mentali, azioni poco ragionate, scelte drastiche e melodrammatiche e così via. Seguendo quella che era la sua poetica del tempo Goethe ci narra una storia di sentimenti portati all' eccesso, che però alla resa dei conti rendono la storia leggermente surreale.
Comunque, intendiamoci, il libro è piuttosto interessante dal punto di vista filosofico (vedi per esempio tutti i discorsi sull' educazione delle masse) e anche scienifico (le affinità elettive del titolo si rifanno ad una teoria chimica del tempo, come spiega il romanzo stesso).
Insomma, non mi sento di consigliarne strettamente la lettura a nessuno, ma neanche la sconsiglio in toto. In fondo parliamo pur sempre di un classico, quindi ognuno deve avere il diritto di farsene la propria opinione.

sabato 13 novembre 2010

La maison en petits cubes - Recensione

In un mondo sommerso dalle acque un anziano vive e sopravvive innalzando la propria casa di pari passo col crescere del livello del male. Seppelliti sotto tonnellate d' acqua sono oggetti e ricordi.

Vincitore del premio oscar 2009 come miglior cortometraggio, Tsumiki no Ie (La maison en petits cubes) si presenta come un prodotto ambiguo da recensire, perché verrebbe naturale chiedersi quante cose si potranno mai dire su di un cartone la cui durata si aggira sui 12 minuti, titoli di coda compresi.
Eppure il "film" di cosa da dire ne à molte, pur non dicendone nessuna, almeno direttamente, visto che per tutto il quarto d' ora stentato della visione avrete solo la musica e qualche effetto sonoro a farvi compagnia. Ma si sa, spesso un messaggio è tanto potente quanto è sottinteso, sfumato, discreto. In una parola, quando non gli viene comunicato direttamente ma quando è lo spettatore stesso a trovarlo.
La casa non è fatta solo di cubi. A cementare il tutto sono i ricordi, ricordi sempre più remoti man mano che si scende nelle profondità marine.
Ed ecco ricordi, immagini appena accennate riemergere dal buio abissale, calorose ma fredde poiché remote. E un senso di malinconia e nostalgia ti pervade, perché fa pensare al tempo che scorre, alle persone andate e ai momenti che non torneranno più.
Dimenticatevi di Up, questo brevissimo corto realizza dieci volte meglio (minimo) l' effetto sadness procurato dal film Pixar. Tristezza che traspare anche nei disegni, acquarellosi e morbidi, creanti un atmosfera straniante, anche fiabesca (gli ambienti solitari, e considerevolmente poetici, ricordano molto le atmosfere di videogiochi come Ico).
Il voto in basso potrebbe sembrare un' esagerazione, visto che in genere un voto così alto non lo do mai, nemmeno a serie che considero praticamente perfette e che amo. Ma la differenza sta nel praticamente. La maison en petits cubes, come cellula emotiva e artistica, è perfetto, anche nella sua brevità.
Potete vedere il cartone animato al seguente indirizzo.

Voto: 10

mercoledì 3 novembre 2010

Professor Layton e l' eterna diva - Recensione

Invitato dalla sua ex allieva Jenis Quatlane, il Professor Layton, insegnante di archeologia nonché enigmista di fama mondiale, si reca con il suo giovane allievo Luke al teatro lirico Crown Petone ad assistere ad un suo concerto.
Al termine dello spettacolo, però, si ritroveranno coinvolti con tutti gli altri spettatori in una sfida lanciata da un anonimo individuo: tutti concorreranno ad un premio che verrà vinto da un' unica persona: la vita eterna. A tutti gli altri spetta solo la morte.

Parto col dire che ho avuto qualche difficoltà ad inquadrare nella timeline della serie il film. Per chi non lo sapesse, i giochi del Professor Layton si sviluppano in due trilogie, la cui seconda (tutt' ora in corso) è ambientata antecedentemente alla prima. Un pò come Star Wars.
Ora, il film si colloca nella fascia della seconda, come lascia intuire l' introduzione del film, e credo si possa inserire DOPO il primo gioco di questa, visto che alcuni personaggi e i rapporti tra di loro lasciano intuire che siano già stati affrontati precedentemente (in Italia è stato da poco pubblicato l' ultimo gioco della prima trilogia, mentre in Giappone la seconda è già avviata).
Toltici di mezzo questi problemi di continuity, analizziamo quello che il film è, ossia praticamente un gioco del Professor Layton se fosse un film. Abbiamo quindi tutti i tratti distintivi della serie, quali i personaggi secondari d' all' aspetto carismatico (come anche il carattere accattivante), le splendide ambientazioni, e ovviamente gli enigmi, tratto distintivo del marchio che se fosse stato assente avrebbe di certo leso quella che è la sua immagine nei confronti dei fan, principali indirizzatari della produzione. Questi si troveranno a proprio agio con le immagini (stile visivo e qualità delle animazioni del tutto simili a quello dei filmati del gioco) che con le musiche (l' orecchio allenato riconoscerà riarrangiamenti di brani presi dai giochi), e comunque oggettivamente sul fronte tecnico il gioco si difende bene. L' unico problema è che chi non è appassionato del trend potrebbe trovare troppo bambinesco il design dei personaggi, ma de gustibus...

Quello su cui c' è da discutere è se il film sia o meno consigliabile a chi non è un fan del personaggio. La risposta è ni, poiché chi non lo conosce di sicuro non apprezzerà allo stesso modo di altri quella che è comunque obiettivamente una buona produzione. Non un capolavoro, per carità.
Considerando che i giochi ci hanno messo davanti macchine del tempo, villaggi robotici, allucinazioni gassose (chi ha giocato la prima trilogia capirà i riferimenti), non me la sento di fare il pignolo su alcune cose nel finale che farebbero pensare che il film abbia fatto il classico salto dello squalo, ma non riesco a scrollarmi di dosso l' idea che quello che si vede sia un pochettino esagerato. Nulla di tragico comunque.
La trama regge bene, e il mistero che aleggia fa pensare che effettivamente ne sarebbe potuto uscire anche un bell' episodio giocabile. Oltretutto il finale è piuttosto malinconico (anche se credo che in questo campo quello de Lo scrigno di Pandora sia imbattuto (contando che non ho ancora giocato il terzo episodio). E nel mezzo magari un paio di risate ve le farete.

In definitiva, chiunque voi siate, fan o no, guardatelo (nel primo caso senza remore). Magari i secondi troveranno uno stimolo ad appassionarsi ad una delle migliori serie videoludiche degli ultimi anni.

Voto: 8

martedì 2 novembre 2010

La voce delle stelle - Recensione

Nel 2046, i giovani Mikako e Noboru si vedono separati quando la prima si arruola nell' esercito per fronteggiare una razza aliena ostile, mentre il secondo continua la sua vita sulla Terra. L' unico mezzo di comunicazione che i due hanno sono i messaggi tramite telefonino, che però richiedono sempre più tempo per essere ricevuti man mano che Mikako si addentrerà nello spazio profondo. Il loro rapporto resisterà a questa dura prova?

Realizzato al 90% da un' unica persona, Makoto Shinkai, questo piccolo OAV di 25 minuti è l' esemplificazione di come la semplicità (se non povertà) di mezzi possa andare di pari passo con la bravura narrativa, specie quando si ha qualcosa di chiaro da dire.
E La voce delle stelle, adattamento dell' omonimo manga, ha un messaggio, forte e delicato: l' amore è un qualcosa che resiste nel tempo e nello spazio?
La risposta è meno ovvia di quanto possa sembrare, perché i protagonisti soffrono davvero la lontananza, e ognuno cerca di affrontarla a modo suo.
Certo, a voler essere pignoli si può obiettare che il tema della lontananza sia affrontato in maniera unilaterale, ossia non si approfondisce se e come Makoto senta la distanza dei familiari, del luogo di origine, e così via, visto che risulta un pò difficile credere che l' unico problema della lontananza sia la mancanza di Noboru, il cui amore peraltro era in forma molto embrionale.
Ma comunque, tralasciando queste debolezze nella trama quello che ci resta è una piccola perla, fatta di paesaggi poetici, momenti quasi onirici, e che di sicuro sa colpire emotivamente.

Sul fronte tecnico il giudizio è ambiguo, poiché se è palese che la qualità grafica sia tutt' altro che eccelsa (pur vantando una discreta computer grafica), il buon design dei mezzi, i suddetti bei paesaggi e poco altro salvano la baracca rendendolo abbastanza piacevole da guardare, specie considerando che tutto l' aspetto visivo è stato realizzato da un' unica persona.
Consigliato di cuore a tutti. C' è chi lo osannerà come capolavoro, chi ne vedrà i limiti, ma dubito che possa risultare un' esperienza negativa, specie per la sua brevità.

Voto: 8

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