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giovedì 29 ottobre 2009

Tokyo Godfathers - Recensione

A Tokyo, alla vigilia di capodanno, tre barboni, l' alcolizzato Gin, il travestito Hana, e la giovane Miyuki, troveranno tra i rifiuti una neonata abbandonata. Decidendo di accudirla temporaneamente, i tre cominceranno a cercare la sua vera famiglia, riscoprendo contemporaneamente cosa voglia dire avere qualcuno che ti voglia bene.

Bello, davvero bello, senza mezzi termini.
Una favola natalizia di quelle buone. Si, mi è piaciuta una favola natalizia, ma per dio, come non si fa a non farsi piacere questo film? Il messaggio pseudo religioso è ereditato dal film In nome di Dio, di cui Tokyo Godfathers è una sorta di reinterpretazione urbana.
Il film diverte abbondantemente, e ha anche una buona dose di sentimenti, unendo quindi benissimo intrattenimento puro (spesso nato dall' essere dei protagonisti sopra le righe) ed emotività.
Ogni personaggio, sia secondario che soprattutto principale, è fortemente caratterizzato, e basteranno poche battute per farveli piacere tutti.
Tutti e tre i protagonisti hanno, in maniera equilibrata e neanche "chiassosa", una discreta retrospettiva sul suo passato, rendendoli oltre che simpatici anche a tutto tondo.
Certo, qualcuno potrebbe pensare alla presenza di un certo buonismo, ma posso assicurare che non è presente per niente, e anzi il film, sotto una grossa scorza d' ironia, mi ha dato l' impressione di una impietosa fotografia della condizione dei barboni.
E poi, come dico sempre: quando un lieto fine è fatto bene ed ha personalità, ben venga.

Tecnicamente direi che ha bisogno di pochi commenti: è un lungometraggio Madhouse, e si vede.
Sull' ottimo sonoro (tra l' altro doppiato eccellentemente in italiano) spendo solo due parole per la sigla finale: probabilmente una delle più originali reinterpretazioni della 9° di Beethoven.

Un film consigliatissimo, quindi, che per alcuni avrà molto più valore probabilmente se visto sotto Natale, ma che ogni appassionato di anime dovrebbe vedere.

Voto: 8,5/10

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